CITTÀ DEL VATICANO – Giovanni Paolo II che pensa alla possibilità di dimettersi fin dal 1989, firma una lettera per fissare le condizioni della «rinuncia » e le richiama in una seconda lettera del ’94, quando riflette sull’ipotesi di andare in pensione come gli altri vescovi a 75 anni e si consulta «dal punto di vista storico e teologico» con l’allora cardinale Ratzinger. I servizi segreti italiani che prima dell’attentato in San Pietro segnalano al Vaticano l’esistenza di un «progetto di sequestro » del Papa da parte delle Br. La «lettera aperta» ad Ali Agca che Wojtyla non lesse mai. E ancora il Papa che si informa personalmente sulla «pista bulgara » con Gorbaciov e Jaruzelski (cui il capo del comunisti bulgari disse: «Compagno, ci credete imbecilli?»), il mistico che steso a terra con le braccia a croce passa le notti «a conversare con Gesù», dice «non ho mai visto la Madonna, ma la sento», recita la Via Crucis in corridoio e tiene nell’armadio una cinghia per flagellarsi.
O il grande pontefice cui portano in udienza un clochard che aveva abbandonato il ministero di prete e si fa confessare da lui, «vedi quanto è grande il sacerdozio?», mentre l’altro esce in lacrime. È una miniera di inediti, il libro Perché è santo (Rizzoli) che monsignor Slawomir Oder, postulatore della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II, ha scritto con Saverio Gaeta di Famiglia Cristiana. «Cercano di capirmi dal di fuori, ma io posso essere capito solo da dentro », diceva Wojtyla. Un libro che attinge a migliaia di documenti e ai racconti dei 114 testimoni ascoltati. Come quando Padre Pio, nel 1947, dopo aver accennato al giovane don Karol, disse a un seminarista: a un papa polacco «grande pescatore di uomini» sarebbe seguito un pontefice «che avrebbe ampiamente confermato i fratelli », ovvero Benedetto XVI. Straordinarie, in particolare, le lettere di Wojtyla sull’ipotesi di dimissioni «nel caso di infermità che mi impedisca di esercitare sufficientemente il mio ministero apostolico», come scrive il 15 febbraio ’89 «seguendo l’esempio di Paolo VI».
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San Karol Wojtyla, protettore dei pedofili
QUESTO MANCA PERO’ NEL LIBRO
Siamo nel novembre del 2004 e papa Wojtyla, in arte Giovanni Paolo II, benedice il padre messicano Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, posandogli paternamente la mano sulla testa. Un quadretto edificante: due anziani prelati ormai al tramonto della vita, uniti nella fede in Cristo e promessi a un roseo futuro in paradiso. Soltanto un piccolo particolare stona in questo commovente teatrino ecumenico: Marcial Maciel è uno dei più grandi pedofili mai esistiti sulla faccia della terra. Il fondatore, o meglio lo sfondatore dei Legionari di Cristo è una vera macchina per sodomizzare, visto che ben 83 seminaristi lo hanno denunciato per violenze. Ovviamente la cifra totale delle vittime va come minimo triplicata, visto che nei casi di pedofilia nella chiesa le violenze denunciate sono solamente la punta dell’iceberg. Per convincerli ad alzare la sottanina, Marcial raccontava loro che non facevano peccato perché Pio XII gli aveva dato un permesso speciale: agente Marcial Maciel, licenza di sodomizzare. Così le sottanine si alzavano, Marcial sodomizzava e i testimoni tenevano acqua in bocca, perché i Legionari di Cristo, la congregazione fondata dallo stesso Marciel nel 1941, sono una grossa industria con 650 preti, 2500 studenti di teologia, 30.000 membri laici attivi in tutto il mondo, decine di scuole due delle quali a Roma, 60 milioni di dollari di budget annuale e nessuno vuole rinunciare a tanto ben di Dio per qualche culetto infiammato.
WOJTYLA SAPEVA TUTTO, perché a partire dal 1956 il prete veniva accusato di iniziazione dei giovani alla droga e atti pedofili. Sapeva tutto, eppure nutriva per questo sodomizzatore di marmocchi un’ammirazione sconfinata. Forse, dopo Gesù Cristo (un altro che aveva un debole per i bambini), è la persona che più ha ammirato in tutta la sua lunga vita, se è vero che le sue ultime parole sono state di lode per Marcial Maciel. Infatti nell’aprile del 2005, mentre Wojtyla si accingeva a togliere il disturbo, il futuro papa Ratzinger spediva in Messico il padre Charles Scicluna, membro della Congregazione per la Dottrina della Fede, a indagare sulle prodezze del galletto messicano. Il moribondo Wojtyla non ha digerito questa inchiesta e ed è riuscito a trovare il fiato per lodare “l’affetto paterno e l’esperienza del diletto amico Maciel”. Che si riferisse alla sua capacità d’iniziare i giovani seminaristi ai misteri del sesso?
CHE AVESSE UN DEBOLE PER I PEDOFILI, Wojtyla lo aveva già dimostrato nel 1996, quando aveva protetto in ogni modo possibile il vescovo Groer, accusato di pedofilia e responsabile di una mostruosa scissione della chiesa austriaca con la fuga di 500.000 fedeli confluiti nel movimento “la Chiesa Siamo Noi.” Wojtyla si opposto con ogni mezzo alla sua rimozione. Ha impedito ogni indagine sulle sue inclinazioni pedofile e lo ha trasferito a Vienna per sostituire il vescovo Koenig, un uomo scomodo perché considerato troppo indipendente. Morto Wojtyla, poiché caricato a viagra l’ottantacinquenne Marcial continuava imperterrito a farsi i bambini, Ratzinger lo ha “sollevato dalle sue funzioni” chiedendogli di “rinunciare a ogni ministero pubblico” e di vivere “una vita monastica nella preghiera e nella penitenza”. Sicuro, la galera è per i pedofili in calzoni, mentre quelli in sottana se la cavano con 4 avemarie e 1 padrenostro.
COSÌ KAROL WOJTYLA merita di essere proclamato santo subito: San Karol Wojtyla Protettore dei Pedofili. E Marcial Maciel Degollado? Ci ha lasciato nel gennaio del 2008 e adesso sta sodomizzando i cherubini in paradiso.